Non hanno mai fatto sconti, gli Estra, nel corso di tutta la loro vita artistica. Non ne hanno fatti negli anni ’90, quando il loro rock è stato costantemente segnato da scelte prive di compromessi, a volte anche a costo di spiazzare i loro stessi fan, e da una poetica evocativa tremendamente profonda e spigolosa. Non ne hanno fatti durante le loro lunghe assenze dalle scene, quando non si sono mai lasciati sfiorare dalla tentazione di tirare a campare cedendo a qualche facile scorciatoia. E sembrano volerne fare meno che mai oggi. Non ne fanno all’epoca che viviamo, fotografata in modo spietato e rabbioso nelle canzoni del loro nuovo album intitolato proprio “Gli anni Venti”. Non ne fanno a sé stessi, presentandosi sul palco senza trucchi e senza inganni con la sincerità di sempre. E non ne fanno nemmeno al loro pubblico, evitando di giocarsi la carta dell’effetto nostalgia e proponendo una scaletta incentrata sul tempo presente più che sul passato.
L’ora e mezza di concerto portata in scena dalla band trevigiana all’Arci Bellezza di Milano in questo primo fine settimana di dicembre è un vero pugno nello stomaco. Certo, gli anni sono passati per tutti, in primis per il pubblico, e i momenti che vent’anni fa avrebbero scatenato un pogo selvaggio in tutta la platea oggi si limitano, almeno in apparenza, a smuovere qualche movimento sul posto, ma l’impatto emotivo delle canzoni, la potenza della musica, il fascino magnetico di Giulio Casale che si muove sciamanico come sempre sul bordo del palcoscenico e l’alchimia che si crea fra la band e gli spettatori sono assolutamente al livello degli anni d’oro. Le canzoni dell’album pubblicato la scorsa primavera riescono, in questa versione live arricchita dall’interpretazione fisica di Giulio Casale, dalla carica inesauribile della band e dal contesto del concerto, a sviscerare in modo ancora più incisivo la loro natura di autentico atto d’accusa nei confronti delle storture del tempo presente e tenere altissimo il pathos. Così, dopo una prima parte di spettacolo dedicata interamente al nuovo disco, la scaletta riparte con una “Non canto” più toccante che mai per poi snodarsi fra qualche classico accolto in maniera trionfale dal pubblico (su tutti brani come “Risveglio” e “Vieni”) e alcune sorprese come l’inedito “E tutto è vero”, prima di concludersi con la classicissima “L’uomo coi tagli” che nelle battute finali riannoda i fili con il ritornello de “Gli anni Venti”.
“Che n'è degli umani?” si domandano gli Estra in uno dei brani del loro ultimo disco. Ed è evidentemente proprio lì il nodo cruciale di tutto quanto, perché in realtà, prima ancora di essere un atto d'accusa, ciò che la band ci sta dicendo oggi suona come un urlo disperato sulla necessità di continuare a vivere, pensare e agire da esseri umani nonostante tutto quanto attorno a noi stia scivolando verso altre direzioni. Un concetto orgogliosamente fuori moda eppure più che mai necessario. Proprio come la musica degli Estra.
Roberto Bonfanti
[scrittore]
© foto di Eleonora Marelli
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